Le recensioni della libraia – L’ultima cosa bella sulla faccia della terra

Harmony è una cittadina come migliaia di altre, anonima, senza nulla di particolare da offrire e nella quale sembra non accadere niente. Fino alla domenica in cui, durante una celebrazione in chiesa, Iggy decide di darsi fuoco (esattamente come i bonzi ai quali si ispira).

Qualcosa tuttavia va storto e nella chiesa scoppia un incendio nel quale perdono la vita venticinque persone. Si salveranno solo in tre: una signora di mezza età, un bambino di quattro anni e lo stesso Iggy, che ora è in carcere, condannato alla pena capitale.

Questa è la premessa.

E poi scoppia la scrittura di Bible, con i continui salti temporali e con il diario di Iggy, in attesa dell’iniezione.

Le parole di Iggy disegnano un mondo in qualche modo malato di un male a cui nessuno sembra prestare attenzione. Ma lui sì, e con lui gli amici Cleo e Paul. È una consapevolezza che li atterrisce e che li porta a cercare realtà alternative che però non diventano mai la soluzione. Le parole di Iggy hanno il tono di chi ha capito qualcosa che ancora sfugge ai più, e le sue considerazioni, che non sono mai sentimentali, sfiorano (direi che toccano proprio) la poesia.

Aggiungerei che la sua farneticante narrazione delle tante vite precedenti non può non ricordare (con le opportune differenze e finalità) il Darrel Standing di londoniana memoria.

La scrittura di Bible merita assolutamente la lettura del romanzo. L’autore è magistrale nel rendere lirico l’anonimato di un banale quotidiano e del male che vi si nasconde, e nel raccontare le considerazioni e i pensieri dei suoi protagonisti che solo apparentemente parlano di laconica normalità, ma in realtà con le parole scavano e scavano e scavano.

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