
La storia sembrerebbe semplice: il sedicenne Chick, bianco, con l’aiuto dell’amico di colore Aleck Sander, e in seguito di un’anziana signora e dello zio Gavin, è intenzionato a provare l’innocenza di Lucas Beauchamp, un vecchio nero accusato di avere ucciso un bianco sparandogli alle spalle, e per questo probabilmente destinato al linciaggio, o al fuoco, o a tutte e due le cose. In realtà Non si fruga nella polvere è una dichiarazione politica.
Come sempre in Faulkner, il romanzo è in gran parte affidato al flusso di coscienza, qui davvero molto incalzante, a tratti quasi incontrollabile; i pensieri di Chick si accavallano gli uni sugli altri e spingono per prendersi la scena: le azioni da compiere, l’atteggiamento dei suoi concittadini, un sentimento di insofferenza e rispetto nei confronti del vecchio Lucas (colpevole di essersi mostrato superiore a lui in un episodio del passato, e per questo odiato e riverito nello stesso tempo), la famiglia, la madre.
L’autore affida il proprio pensiero politico alla voce dello zio Gavin, non a caso avvocato (a cui Lucas affida la propria difesa). Gavin parla al nipote di bianchi e di neri, di Nord e di Sud: non discorsi moralistici, ma il punto di vista carico di rancore per ciò che la Guerra Civile ha lasciato al Sud:
“Dico solo che l’ingiustizia è nostra, del Sud. Dobbiamo espiarla e abolirla noi, da soli e senza aiuti e nemmeno (tante grazie) consigli.”
Quel verbo, “espiare” ha un significato importante; la consapevolezza degli errori e degli orrori è ben presente da tempo in tutto il Sud. Ma per arrivare ad una convivenza definitivamente paritaria i bianchi sanno di dover espiare le proprie colpe. Non è un processo immediato – non può esserlo – ma è l’unico possibile per arrivare all’abolizione sincera delle ingiustizie.
L’errore del Nord, per Gavin/Faulkner, è stato quello di aver imposto dalla sera alla mattina le proprie leggi ad una popolazione totalmente “diversa” per cultura e principi, provocando in questo modo un rifiuto a priori. Il Mississippi conosce le ingiustizie delle quali sono state e sono vittime i neri: questo non è in discussione. Ciò che è in discussione è la metodologia nordista: la volontà di umiliare e quella di sostituire i principi fondanti di una comunità con altri che non sono propri di quel territorio. Il Nord ha usato spesso il rapporto bianchi/neri come “mezzo” con il quale cambiare un ordine economico, senza essere veramente dissimile da quella popolazione vinta:
“… il Sud compatto che volente o nolente ha raccolto reclute dalle vostre zone arretrate, non solo dal vostro entroterra ma dalle belle città del vostro orgoglio culturale le vostre Chicago e Detroit e Los Angeles e ovunque vivano persone ignoranti che temono il colore di qualsiasi pelle o la forma di qualsiasi naso a parte i propri e che coglieranno questa opportunità per sfogare su Sambo l’intera somma del loro orrore e disprezzo e paura ancestrali di indiani cinesi messicani caraibici ed ebrei…”
Il Mississippi, il Sud in generale, era un’entità che credeva di riconoscersi in altro: nell’onore, nel lavoro, nella famiglia, nel territorio. Le nuove leggi cancellarono tutto questo per sostituirlo con priorità legate all’industrializzazione e al denaro (le descrizioni del paesaggio e dei suoi orizzonti, contrapposte al caos cittadino carico di automobili inutili ne sono un esempio). Era il progresso, ma indubbiamente un progresso che non piaceva a una generazione che non aveva avuto il tempo per abituarvisi.
L’alternarsi di pensieri positivi e negativi nei confronti dei neri è continuo: l’atteggiamento di Chick innanzitutto, ma anche Gavin che all’inizio non sembra del tutto convinto dell’innocenza di Lucas, e tuttavia non esita a cambiare idea appena ne ha l’occasione, e la popolazione stessa, che è pronta al linciaggio ma anche a perdere e prendere tempo, per sembrare infine quasi sollevata (o perlomeno non disturbata) quando scopre di essersi sbagliata. E c’è – c’è sempre in Faulkner – una profondissima conoscenza dell’uomo, e una capacità di esprimere questa conoscenza con un linguaggio che resta inciso nell’animo di chi legge:
” …perché quello che fa rigirare nel letto un uomo insonne non è aver offeso il prossimo quanto aver avuto torto; la semplice offesa (se non riesce a giustificarla con quella che chiama logica) può cancellarla distruggendo la vittima e i testimoni ma l’errore è suo e questa è una di quelle rogne da prendere sempre per il verso giusto. Così Lucas avrà il suo tabacco. Naturalmente non lo vorrà e farà resistenza. Ma lo avrà e così assisteremo qui nella contea di Yoknapatawpha all’antico rapporto orientale tra il salvatore e il salvato capovolto: Lucas Beauchamp una volta era lo schiavo di qualunque uomo bianco a cui capitasse a tiro, ora il tiranno della coscienza bianca dell’intera contea.”
A fare da sfondo la natura, quella del Sud, quella della contea di Yoknapatawpha, scenario di tante opere faulkneriane (e in realtà la contea di Lafayette). Sottolineare che si tratta della natura del Sud è importante, perché per Faulkner si tratta di una specie di paradiso terrestre violato e rovinato dalle politiche del Nord, ma che allo sguardo resta meraviglioso, comprensivo della natura degli uomini che lo abitano e allo stesso tempo entità a sé stante.
Non si fruga nella polvere, perché a farlo si può scoprire di essere stati sempre dalla parte sbagliata, ci si può accorgere di essere stati prevenuti, si può scoprire che il vicino è molto peggiore di qualsiasi cosa immaginabile. E in definitiva ci si ritrova davanti a sé stessi, obbligati a quel punto a fare ammenda, compito che l’essere umano sembra aver trovato sempre molto difficile.
(Come sempre con questo autore sarà una lettura divisiva, ma non si può negare che le pieghe della coscienza umana siano indiscutibilmente come lui le descrive. Piaccia a no, impone di fare i conti anche con noi stessi, le nostre idee e perfino, cosa non scontata e spesso dolorosa, con alcuni buonismi che ci piace pensare ci definiscano).
William Faulkner, “Non si fruga nella polvere”, trad. Roberto Serrai, Adelphi, € 19,00