
Un romanzo tanto bello quanto disturbante, ed è bene dirlo subito.
All’inizio pensieri e volontà che, per quanto illegali, comprendiamo e in qualche caso emotivamente condividiamo. A mano a mano che la storia prosegue e i personaggi passano da pensieri e desideri all’azione, si ridisegnano gli esseri umani, che partendo da una volontà quasi epica finiscono per essere vinti dall’umana meschinità. Sono personaggi che sembrano voler lottare per riscattare le proprie vite ma che in realtà si arrendono quasi senza combattere ad una mentalità piccola che non è solo quella dell’ambiente in cui vivono, ma è propria dell’essere umano. I dubbi di Amleto, che lo portano a perdere tempo e tergiversare, giustificando questa mancanza di azione e decisione, qui sono trasportati nella Brooklyn dei nostri giorni.
Uomini e donne che non vogliono ammettere i propri fallimenti, giustificandosi con un “ci sarà un’altra occasione” e che accantonano quella sensazione – che comunque hanno – di essere loro gli artefici del proprio fallimento, gettandola in un angolo e guardandola con la coda dell’occhio, coscienti che forse non avranno mai il coraggio di affrontarla ma che lei per questo resterà sempre presente.
Un romanzo che si legge velocemente proprio perché quell’elemento disturbante che ci fa desiderare di allontanarlo da noi è nello stesso tempo quello che ci impedisce di mollarlo.
Gravesend, William Boyle, Minimum Fax